mercoledì 27 settembre 2017

"La Nascita delle Sei Fortezze", 1a Parte



Attendeva in silenzio, ritto in piedi, spostando lo sguardo ovunque, ammaliato dalle meraviglie e dai tesori che quella dimora ostentava. Statue e busti granitici di uomini dal volto austero e imperioso, mobilia intarsiata nelle forme più ingegnose e mirabolanti, lumieri dalla grandezza e dal numero di candele spropositato, vetrate ampie e splendenti, pavimenti in pietra bianca luminosi e quegli infiniti corridoi della tenuta erano solo un pallido simbolo del potere che quella nobile famiglia possedeva. Quante ricchezze si potevano trovare in quella villa dispersa nella campagna della Satrapia dell’Ovest? Quanti antichi manufatti erano nascosti e ammirati solo da mura silenziose e dalla servitù operosa e indifferente?


«Fhard Mitt. Lo Iundar[1] l’attende nella Plosa dudern[2]. Mi segua» esclamò un servo vestito di un abito lungo, nero, legato alla vita da una fascia bianca, chinando la testa.


Passarono accanto alla scalinata che dava al piano superiore e si diressero verso un lungo corridoio. Rimase estasiato nel vedere la luminosa vetrata che costeggiava le sue mura e che permetteva di vedere parte dell’immenso giardino, delle sue fontane e dei prati di Iulie[3], che, a detta di molti, erano un’autentica ossessione per Fhard Denzar. Notò la costruzione a cui il corridoio permetteva di accedere con un certo ritardo: la struttura era piccola, dalla forma vagamente squadrata e dalle mura di un rosso acceso che finivano per formare un soffitto dalla forma appuntita, con gli stemmi della Famiglia Cardas posizionati in punti prestabiliti. Si voltò leggermente e si accorse che la villa alle sue spalle gettava su quel passaggio e sul giardino la sua immensa ombra. Si stavano allontanando dalla struttura principale per dirigersi forse in un ambiente più intimo? Era un segno, forse, che la sua lettera avesse destato un certo interesse?

Strinse con forza le pergamene arrotolate che aveva in mano e sentì dentro di sé montare la determinazione. Sentiva che stavolta non avrebbe fallito. Aveva ricevuto tante porte in faccia, derisioni, insulti persino, ma il momento di gloria sarebbe arrivato anche per lui; ne era certo. E avrebbe fatto in modo di rinfacciarlo a quanti lo avevano denigrato.


“Io resterò nella Storia, mentre voi, ottusi ignoranti, incapaci di intravedere il futuro, sparirete nell’oblio del tempo.”


Quando finalmente riuscì a vedere le porte che permettevano di entrare nella struttura, il bosco che veniva usato dalla Famiglia Cardas per le battute di caccia non era troppo distante. Notò rapidamente due guardie che, sebbene in abiti normali, portavano lunghe e possenti spade; una delle due lo scrutò a lungo, guardingo.

Il servo, dopo aver chinato rispettosamente il capo di fronte alla guardia, bussò alla porta e per un attimo volle persino fermarlo: le effigia e i vari intarsi lungo quelle porte in legno si suddividevano in scene antiche, suggestive, capaci di attirare l’attenzione di qualunque spettatore. Era mai possibile che persino una semplice entrata, un oggetto di legno di così infima importanza, potesse avere un simile valore?

Non si udirono voci. Le porte si aprirono verso l’interno, lasciando la possibilità di far accedere una singola persona. Il servo si spostò e indicò la via.

Gli sembrò quasi di profanare un tempio. Si trovò davanti a un breve e stretto corridoio dalle pareti bianche. Prima di entrare nella sala vera e propria, si voltò, colpito dall’improvviso rumore che le porte fecero quando furono chiuse dalle due guardie che precedentemente avevano aperto dall’interno le porte e che si erano posizionate davanti all’entrata.

Con il desiderio di non soffermarsi sui pensieri che la sua mente stava già elaborando frettolosamente, riprese a camminare e si addentrò in una piccola sala, dalla forma ottagonale: oltre alla mobilia più varia, si poteva ben vedere il camino, spento in quel momento a causa della stagione estiva, quattro librerie dove erano raccolti decine e decine di tomi e, proprio sopra il camino, un affresco di un uomo che, imperante e seduto su una poltrona accarezzava un lupo dal pelo grigio e dallo sguardo ferino. Come era possibile che ci fosse tanta nitidezza? Come poteva essere così “potente” una semplice immagine su un muro?

Mitt, ovviamente, non ebbe il tempo di soffermarcisi troppo. La sua attenzione fu rapidamente attirata dall’uomo che sedeva, tranquillo, su una poltrona che dava le spalle a quel meraviglioso affresco.

Il Fhard Denzar era un uomo dall’aspetto giovane e prestante, dalla capigliatura di un biondo chiaro e lunga nel limite che era comunemente e socialmente imposto per gli uomini; gli occhi, intenti a leggere delle pergamene, erano di un blu profondo, glaciale. Non aveva barba, né baffi. Notò solo di sfuggita l’unico difetto corporeo che quell’uomo era incapace di mostrare: sebbene curata, era impossibile nascondere il dito mancante su quella mano che teneva saldamente la pergamena che il nobile capofamiglia leggeva. Vestiva abiti “semplici”, se tali si potevano definire: un lungo indumento, composto da fasce dorate e ricamato con fiori sul petto, chiuso da una fila di bottoni dal colore rosso al centro e dorato nei bordi; le calzature erano sandali sulla cui parte frontale era stata posta della stoffa con la ricamatura dello stemma famigliare.


“Questo è il discendente di Huldan, la Mano Destra del re. Colui che, forte di soli diecimila uomini, aveva sfidato le armate del Regno di Otsu, aveva vinto e infine ne aveva assediato la capitale. Solo la Famiglia Ura, al momento, è capace di sfidare in prestigio la Famiglia Cardas. Chissà cosa si prova a toccare per mano la vera essenza del ‘potere’.”


«Alzatevi e sedetevi, Fhard Mitt» esclamò la sua voce cristallina e atona.


Con le gambe leggermente tremolanti, si issò e si sedette sulla poltrona che era stata disposta davanti allo Iundar e a un piccolo tavolinetto rialzato su cui vi erano due tazze fumanti e un vassoio ricco di prelibatezze.


«Spero che abbiate voglia di fare uno spuntino con me.»


«Sarebbe un onore.»


«Il tisium[4] è di vostro gradimento?»


«Naturalmente.»


«Bene, allora prendiamoci un poco di tempo per ristorarci. Appoggi a terra i suoi progetti.»


Un subdolo pensiero gli passò per la mente, ma lo soppresse. In ogni caso non avrebbe potuto fare niente per impedirlo in quelle condizioni, tuttavia era certo che le sue paure fossero infondate.

Ristorarono per breve tempo e in silenzio, tra l’imbarazzo e il disagio di Mitt e la tranquillità di Denzar. Avrebbe preferito che la questione venisse affrontata di petto e molto più rapidamente. Quando, alla fine, entrambi ebbero finito di sorseggiare il contenuto delle due tazze, il capofamiglia piegò la pergamena che fino a quel momento aveva letto avidamente e la depose su un mobile rialzato e rettangolare che aveva disposto alla sua destra.


«Prima che mi esponga il tutto con le dovute spiegazioni, voglio informarla che non è stata la sua lettera a indurmi a convocarla.»


Per un attimo, Mitt sentì il pavimento crollare e sprofondare.


«Dieci giorni fa sono stato a un banchetto a corte e ho sentito una curiosa chiacchiera da un Fhard della nobile Famiglia Glar Ruiss. Sembrava che, a suo dire, un folle gli avesse proposto di finanziare un progetto inutile, superfluo e dozzinale: una fortificazione di immensa portata al nostro confine settentrionale. Ha dato qualche descrizione ma sono rimasto poco ad ascoltare. Coloro che disprezzano qualcosa non sono la fonte più sicura da cui prendere informazioni. Raramente, infatti, si scopriranno veritiere.» spiegò Denzar, rincuorando non poco Mitt, e aggiungendo «La mia innata curiosità, tuttavia, mi ha divorato per giorni, finché, come avevo supposto, ho ricevuto la sua lettera. Chi è stato il vostro insegnante, Fhard Mitt?»

[...]



Questo racconto nasconde un piccolo input, un collegamento di una certa importanza con la trilogia. Inoltre, per la prima volta, viene presentata la "testa" di una delle Dodici Famiglie. Sull'aristocrazia imperiale vi sarà molto da dire e tanto da scoprire, tuttavia è importante non prendere Denzar come modello della nobiltà. Per molti versi, il Fhard è decisamente... particolare 😉.

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A presto e stay tuned 😁.



[1] “Capo-famiglia”. È un termine usato solitamente dalla servitù e dai membri di una stessa famiglia nobiliare. Raramente è usato da estranei.

[2] “Sala degli Ospiti”.

[3] Fiori tipici di una zona fra il Fiume di Tumb e la cittadina di Klett. Ha petali di un vivido color rosso e la parte centrale bianca.


[4] Frutto da cui si estrae l’omonimo succo e che, se riscaldato, ha un sapore molto ricercato e raffinato.

lunedì 25 settembre 2017

I FALSI

Bollati con questo nome dall’Impero fin dalla nascita di quest’ultimo e dalla scoperta della presenza di abitanti nell’arcipelago, i Falsi sono un popolo che abita l’arcipelago meridionale da tempi immemori... [Da "L'Impero di Luce", Appendice]

Fin dai primi incontri fra questo popolo di pirati e gli imperiali i rapporti sono sempre stati tesi; sia perché l'Impero, nei primi secoli dopo la sua nascita, aveva aggressive tendenze espansionistiche, sia perché i Falsi sono per consuetudine portati alla razzia e alle incursioni. Per questo, e per motivi di volta in volta sempre diversi, le loro relazioni non sono mai molto pacifiche.
La vera linea di demarcazione è l'infruttuosa campagna dell'Impero contro l'arcipelago. Per quanto in quel periodo la Federazione già esistesse e i maghi venissero già impiegati nelle fila degli eserciti imperiali, l'utilizzo di un materiale esplosivo, il Flamix, la perseveranza dei Falsi e l'ignoranza dell'estensione e del numero delle isole meridionali poserono fine a un'era: da quel momento in poi i Falsi decisero di eleggere una guida, un King (o una Queen), che li conducesse, che organizzasse le difese e scongiurasse un'altra invasione e, allo stesso tempo, pose fine alle mire espansionistiche dell'Impero.
Da quella campagna, secoli sono trascorsi, tuttavia, ben poco è cambiato tra i due popoli: se cinquant'anni prima della storia principale i rapporti erano sembrati migliorare grazie alla mediazione del Consiglio, ormai la tregua che perdurava sta vacillando. Un vento di guerra spira dal sud...





Come viene specificato nell'Appendice, il termine "Falsi" è un marchio, uno spregio che gli imperiali hanno sempre attribuito a questo popolo, senza nessun tipo di attenuante, anzi divenendo di uso comune molto rapidamente. I pirati dell'arcipelago meridionale, in realtà, si nominano in ben altro modo.
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venerdì 22 settembre 2017

Etan

È un Master Elementale e il tutore temporaneo di Amer. È lui a scoprire i poteri di Sefer e a portarlo all’Accademia della Federazione perché così venga addestrato. È legato a una donna di nome Eveny... [Appendice, L'Impero di Luce]

Il maestro, il tutore, il compagno. Etan è sicuramente un personaggio che dovrà affrontare problemi su tutti i fronti. In realtà, per qualunque Master (o mago) Elementale la vita, nell'Impero e nella Federazione, non è mai facile, tuttavia, non lo sarà in particolar modo per questo personaggio che, per quanto cercherà di incarnare la figura di guida, dovrà confrontarsi con tutte le "particolarità" dei suoi tre allievi più recenti.
Il suo carattere determinato, comprensivo e apprensivo lo condurrà spesso a preoccuparsi troppo, seppur in alcuni casi giustamente. Sarà la sua "altra metà", Eveny, a consigliarlo e a smorzare il suo lato più ansioso.
Purtroppo, non sarà preparato per l'orrore con cui, nolente o volente, dovrà scontrarsi...

Nascita: 24° giorno del mese di Tabario.
Età: 38
Altezza: 1.71
Provenienza: ???, Satrapia del Deserto, Impero.
Aspetto: capigliatura rossastra e gli occhi bruni. Il suo fisico è resistente a causa dei duri anni di addestramento e ha anche alcuni cicatrici a causa di alcune battaglie combattute personalmente nel nord.
Appartenenza: ???
Citazione: "Rimase immobile lì, a osservare il volto assopito e sereno di quella ragazza per un tempo che non seppe mai calcolare. Seppe solo che pianse e urlò fino a perdere la voce, stringendola al proprio petto come se stesse ancora cercando di proteggerla. 
Lo trovarono due Master, inginocchiato, con Melyss ancora tra le braccia, piangente, sofferente e tremante." [XXVII - Effetti Inaspettati, L'Impero di Luce]




Per quanto questo personaggio, lungo la trilogia, potrà veder il proprio ruolo farsi distante, inevitabilmente e inconsciamente, qualcosa cercherà sempre di riportarlo verso quella strada. Un'indole di cui, forse, nemmeno Etan stesso e ben consapevole.
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mercoledì 20 settembre 2017

"La scelta di un nome", 2a Parte

[ "La scelta di un nome", 1a Parte]
 

Temer avrebbe voluto interromperlo ma non vi riuscì. Beter sembrava troppo concentrato, troppo immerso in quei ricordi e lui aveva la sensazione che fermarlo in quel momento avrebbe potuto infastidirlo.


«… e la salvai. Purtroppo rimase ferita e io, forse per un interesse terribilmente carnale, decisi di medicarla. Non ricordo nemmeno quanto tempo passò, ma alla fine, dopo giorni e giorni, finimmo per fare l’amore e ci innamorammo. Diventammo una coppia di ladri, in cerca di ricchezze, avidi e spericolati e fu proprio questo a rovinarci. Quando ormai credemmo di poter avere una vita felice, avevamo avuto persino un figlio, Matt, una banda abbastanza potente nella città decise di eliminarci. Scappammo per miracolo e io capii che non saremmo stati così fortunati se non avessimo trovato un luogo abbastanza lontano da essere raggiunto. Fu in quel momento che pensai alle terre imperiali. Per noi Falsi, questa è una terra immensa ed esotica, ricca di tesori e di benessere.

Partimmo per la piccola isola in cui mio fratello si era trasferito, molto più vicina all’Impero rispetto a quella dove eravamo nati, e lì gli chiesi aiuto. Ancora oggi rimpiango le mie decisioni, la follia di aver perso tutto e di aver coinvolto anche lui e la sua famiglia. Mio fratello prese la decisione di aiutarmi e, racimolando una certa somma, comprammo una bagnarola, ma ormai era troppo tardi. Ci trovarono e… e…»


«Beter, io…»


«E morirono tutti. Ci salvammo solo io, Matt, Kelly e Bellet, le amate figlie di mio fratello» esclamò il vecchio lanciando uno sguardo penetrante a Temer.


Comprendendo cosa volesse dirgli, sospirò e accennò un sorriso, un cenno di assenso. Notando il silenzio in cui si era chiuso, tentò di trovare delle parole, qualcosa da dire, ma non vi riuscì. Avrebbe preferito che quella storia, che quei ricordi fossero stati trasmessi a qualcun altro. Avevano un peso troppo greve da poter essere sostenuto. Era stato uno sciocco per tanti anni, aveva denigrato i Falsi come la peggior feccia e tuttora nel villaggio quei pirati venivano additati come la peggior specie di essere umano possibile. Non aveva mai immaginato che ci potesse essere tanto dolore in quel vecchio burbero locandiere.


«Beter… mi dispiace… io, vi ho giudicato troppo in fretta, preso dalla foga e dal disprezzo.»


«Vi?»


«Voi Falsi.»


Scoppiò a ridere e Temer lo guardò imbarazzato e sorpreso da quella reazione. Aveva forse frainteso o detto qualcosa di divertente?


«O giovane amico mio, “noi” Falsi siamo dei gran figli di buona donna. E anche della peggior razza. I vostri insulti sono anche troppo lusinghieri per i miei gusti. Ho sentito Betty usare termini ben più coloriti in non so quante occasioni in passato.

Non guardarmi come uno di loro, Temer. Io non sono un Falso, tanto quanto non lo sono le mie “figlie” o lo era la mia compagna. Falso è solo una parola. Per noi non ha mai rappresentato nulla.»


Colpito da quelle parole, si strofinò la fronte e notò la pelle madida di sudore. Non aveva fatto caso nemmeno alle sue condizioni quando aveva deciso di raggiungere la locanda.


«E Matt?» chiese Temer, prendendo un po’ di coraggio, sicuro che il figlio fosse al sicuro da qualche parte.


«È morto durante la traversata. Noi tre siamo riusciti a salvarci per pura fortuna.»


“Maledizione! Sono un imbecille.”


«Padre, perdonami se vi interrompo, ma ho controllato la dispensa e abbiamo carenza di blurden. Non durerà a lungo» si intromise Kelly, dopo essere giunta silenziosamente dal retro della locanda.


«Va bene. Non ti preoccupare. Ci penso io. Grazie per avermelo riferito.»


“Lo chiamano padre ma non lo è. Il loro vero padre è morto a causa della scelleratezza di Beter. Covano dell’odio nei suoi confronti oppure in quanto loro ultimo parente lo hanno perdonato?”


«Mi dispiace per averti importunato con i miei ricordi e di non averti potuto aiutare. Ora, però, vorrai scusarmi ma devo occuparmi degli affari.»


«Ma che vai blaterando? È sempre un piacere stare ad ascoltarti, Beter. Sempre, anche quando si percepisce così tanto dolore dal tono della tua voce. Comunque, rimango ancora sorpreso dalla tua gestione di questo posto. Non so quanto ti abbia aiutato, ma davvero riesci a procurarti del blurden di tale qualità da solo?» chiese, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita, accompagnato dal locandiere.


«Diciamo che ho i miei trucchi. Basta un po’ di fortuna, ottime conoscenze e una piccola ma cospicua ricchezza “ricevuta” gentilmente.»


Rischiò di scoppiare a ridere per le velate affermazioni di Beter, ma riuscì a trattenersi. Il vecchio lo accompagnò l’uscita e lì si lasciarono.

Una decina di giorni dopo, Temer fece visita a Beter, in un altro pomeriggio simile a quello in cui il locandiere aveva rimembrato il suo passato, e si portò con sé il suo terzogenito.


«È un bellissimo bambino» disse il vecchio, mentre Kelly e Bellet sorridevano e tentavano di giocherellare con l’infante ancora in fasce «Dunque, hai deciso il nome?»


«Sì» esclamò con fare sicuro e guardandolo negli occhi 

«Matt. Il suo nome sarà Matt. In ricordo del figlio di un uomo che stimo e apprezzo.»


Beter rimase paralizzato dalla sorpresa e le sue figlie per un attimo rischiarono di far cadere il piccolo. Non disse nulla, si chiuse in un mutismo misterioso e insondabile, voltandosi, forse in cerca di sopprimere emozioni contrastanti e potenti.


«Che idiota! Ho un idiota come cliente. Ma puoi usare un nome del genere per un suddito imperiale?!» sbraitò, volgendosi nuovamente e battendo con forza sul pavimento il bastone «E Elys? Non mi dire che è d’accordo.»


«Non l’ha presa proprio bene, ma mi perdonerà.»


«Sei un imbecille.»


“Grazie.”


“Non ne hai motivo.”


Silenziosamente, mentre discutevano animatamente e le due ragazze ridevano per la discussione che ne stava venendo fuori, fu questo che si dissero, ma nessuno dei due lo ammise mai. Le parole, alcune volte, rendono troppo banali determinati momenti della vita.

La prima risatina di Matt avvenne proprio in quella locanda.





Quando iniziai a scrivere questo racconto, il mio intento era semplicemente dare un piccolo spazio a un personaggio minore, come lo è effettivamente il fratello minore di Sefer. Il passato di Beter, per quanto parzialmente lo avessi già delineato, è "cresciuto" con questo racconto.
La prossima storia si addentrerà nell'élite aristocratica dell'Impero: "La ‘Nascita’ delle Sei Fortezze".
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