«Ehm… mio padre… ha… ha
sempre desiderato per me la migliore delle istruzioni.» tentò di interloquire,
sorpreso non poco dalla piega che aveva preso la conversazione «Mi è stato
permesso di studiare con vari insegnanti, professionisti nelle più disparate
delle arti, ma il migliore, se mi è permesso sbilanciarmi, è stato sicuramente
Dolorn[1]
Avedertz.»
«Ho sentito parlare di
questo Dolorn dal fantomatico stile essenziale e semplice. Il suo modo di porsi
e di scrivere sono indubbiamente frutti del suo lavoro… Mi perdoni, forse la
sto confondendo con i miei deliranti discorsi, tuttavia ho sempre la premura e
un certo obbligo personale a comprendere la persona che mi si presenta davanti,
soprattutto se in cerca di un certo tipo di sostegno. Prima che mi presenti il
progetto, posso domandarle cosa l’ha spinta a proporre ciò a vari esponenti
nobiliari?»
Non era la prima volta
che gli veniva posta quella domanda, ma negli altri casi aveva avuto la
fortunata possibilità di sviare il discorso sullo stesso progetto che ormai
stava presentando. Si rese conto, però, che davanti a sé non vi era un semplice
membro di una delle Dodici Famiglie.
“È
come se quegli occhi fossero in grado di scrutarmi l’animo e rapire il mio
spirito. Sono come lame affilate e pronte a trafiggermi. Perché sento
l’irrefrenabile e vergognoso bisogno di temere questo individuo, di
inginocchiarmi di fronte a lui e servirlo al meglio… Non mi è più possibile
scappare… ormai…”
«Sei anni fa ho servito
per due anni nel 54° Manipolo dei Rur-drivin[2].»
gli rispose, notando subito un guizzo di comprensione negli occhi del suo
interlocutore «Diciamo che la mia carriera militare è finita rapidamente. Un
vero dispiacere per il mio amatissimo padre, tuttavia… non potevo sopportare
oltre…»
Sperò
con tutto il cuore che bastassero quelle parole, ma comprese che il
capofamiglia voleva sapere e non avrebbe accettato che il discorso venisse troncato
in quel modo. Abbassò lo sguardo e cercò la forza di non farsi sommergere dai
ricordi: la campagna, il suo volto e il suo sorriso, le felici e solari
giornate, le fiamme, il sangue, il corpo senza vita. Strinse con tutta la forza
il bracciolo sinistro della poltrona, poi rialzò lo sguardo e con un respiro
affannato e un volto stremato disse:«In quelle terre ho perso la donna con cui
ero destinato a vivere, la persona a cui il mio cuore aveva deciso di
abbandonarsi e farsi cullare.
Le piazzeforti presenti
al confine non sono minimamente sufficienti. Piccoli gruppi di Barbari, predoni
del nord, molto spesso penetrano e razziano quel che possono prima di venire
individuati. Non hanno alcuna pietà. Il mio unico desiderio è…»
«La vendetta, dunque.»
lo interruppe Denzar «Avevo supposto i motivi più bislacchi, anche se ho la
netta impressione che il suo furente desiderio sia strettamente legato con la
sua ambizione. Sbaglio?»
“Come
fa? Come può capire ciò che non viene detto? Sono forse i mie sospiri incapaci
di trattenere e contenere i miei più intimi pensieri?”
«Non c’è nulla di cui
vergognarsi, Fhard Mitt. Tutti gli uomini ambiscono alla grandezza e chi non
riesce ad ammettere questo dato di fatto è semplicemente qualcuno che non è
riuscito a raggiungere ciò a cui ambiva. Devo dire, anzi, che le sue motivazioni
sono più che esaustive. Avrebbe fatto meglio a parlarmene prima. Avrei
accettato il progetto senza nemmeno visionarlo.»
«Quindi…?» chiese
allibito, senza avere il coraggio di finire la frase.
«La Famiglia Cardas
appoggerà il suo progetto, tuttavia, dato che si trova qui, sarebbe un peccato
impedirle di mostrarmi la sua “creatura”.»
Mentre
un raggiante e baldanzoso Mitt prendeva le varie pergamene arrotolate poggiate
a terra, il capofamiglia batté le mani due volte, il cui segnale fece
spalancare le porte d’ingresso. Dal breve corridoio sbucarono due servitori
che, sebbene vestiti con calzoni e maglie che lasciavano scoperti gambe e
braccia, avevano un portamento stranamente elegante. Sollevarono il tavolinetto
con sopra il vassoio e la tazza di Mitt e, una volta usciti, rientrarono dopo
poco tempo con un altro tavolo, più rialzato e dalle dimensioni più congeniali
per continuare quell’incontro.
Tornati di nuovo a
essere soli nella sala, Mitt passò la pergamena più grande e vistosa al nobile
che la srotolò, gli diede una rapida occhiata e poi la depose.
«Allora, il sistema del
“Muro Inviolabile” è molto semplice, sebbene terribilmente dispendioso:
costruire una fortificazione continua, semicircolare, che, usando gli stessi
Monti di Confine come barriera naturale, chiuda qualunque accesso dal passo di
Vansburg e di Uolm. Si tratterebbe, se i miei calcoli non sono errati, di un
muro lungo più di mille drahe[3].
Qui con me, naturalmente ho i progetti anche delle varie fortezze che
costelleranno il muro e che…»
«Dispendioso è un
eufemismo, come altrettanto generosa è la sua stima sulla lunghezza di questo
“Muro Inviolabile”.»
“Maledizione…
non può abbandonarmi anche lui…”
«Bè, potremmo fare
qual…»
«Mi mostri i progetti delle fortezze.»
Rimase lievemente
interdetto, ma non si fece ripetere due volte quella richiesta. Srotolò
un’altra pergamena e la depose sul tavolo, sopra quella che sembrava ormai
essere stata bocciata.
«Avevo considerato di
far costruire Sei Fortezze, in collegamento con la muraglia stessa, così da
permettere un’adeguata sorveglianza. Avranno mura circolari e, sebbene possa
essere più dispendioso, bastioni con trabocchi. Naturalmente sarà necessario
controllare il territorio e la sua conformazione anche più dettagliatamente di
come ho fatto io, tuttavia…»
«Indubbiamente
grandioso, Fhard Mitt.» lo interruppe nuovamente, facendo sobbalzare il povero
Mitt, terrorizzato dall’idea che potesse essere rifiutato definitivamente
«Posso ben comprendere perché altri hanno rifiutato. Non è qualcosa su cui le
persone caute si gettano volentieri.»
“È
finita…”
«In questo stadio, il
progetto non è fattibile, tuttavia…» e il tono sembrava indirizzato esattamente
al pessimismo che ormai stava invadendo Mitt «con qualche cambiamento e piccolo
accorgimento, il suo progetto è attuabile.»
«Perdoni la mia
arroganza, mio fhard, a cosa si riferisce esattamente?»
«Teme per la sua
creatura, fhard Mitt?»
«No… no, è solo che…»
«Le ripeto che non ha
nulla di cui vergognarsi o da nascondere. Io e lei siamo uomini simili, da un
certo punto di vista. La nostra ambizione ci contraddistingue, ci guida, ci
porta a disperarci e a immolarci per l’obiettivo che così ardentemente vogliamo
raggiungere. Guardi là,» disse, facendo
voltare con un movimento del volto verso una delle due pareti “vuote” della stanza
«riesce a riconoscerla?»
«Possibile che
sia… Dourgrand[4]?»
[...]
Il "Bastione del Nord", altro modo in cui vengono nominate le Sei Fortezze, fu pensata da Mitt come una protezione, una barriera contro la ferocia dei barbari e come una possibilità di avere il suo nome scritto nelle cronache e negli annali.
Denzar, però, aveva uno sguardo più pragmatico e molto, molto più a lungo termine riguardo lo scopo e l'utilizzo di quelle fortificazioni settentrionali...
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A presto e stay tuned 😁.
[1] È un termine di provenienza
bavariena usato per riferirsi a “Maestri” che, sotto profumati pagamenti o
favori di altro genere, istruivano i rampolli della nobiltà. Questa figura
sparirà definitivamente con l’affermarsi della legislazione imperiale.
[2] “Corpo dei Lancieri”.
[3] È un’unità di misura bavariena.
Corrisponde, all’incirca, a due metri. Il termine si riferisce a una lunga asta
cerimoniale, alla cui estremità ha tre cerchi concentrici, uno più piccolo
dell’altro; tale strumento veniva usata durante i “Giuramenti del Sangue”.
[4] Il termine è antico e la sua
traduzione non è così certa. “Zanna”, l’arma, ormai solo cerimoniale, brandita
dal capostipite della Famiglia Cardas.
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