sabato 29 luglio 2017

Grande Matter

Grande Matter: La sua età è sconosciuta. Secondo alcuni ha più di qualche centinaio di anni, secondo altri ha l’età di un uomo adulto... [Dall'Appendice de "L'Impero di Luce"]

Può essere definito come l'antagonista, il Nemico, la nemesi dell'Impero risorta dal passato. Di lui si sa pochissimo, tranne il suo atavico odio per le autorità imperiali.
È una figura che ha attraversato il continente in lungo e in largo, cercando in modo spasmodico un modo per, almeno secondo le sue affermazioni, "portare giustizia in un mondo ormai caduto nell'oscurità".
I suoi poteri lo rendono un avversario temibile e difficile da valutare e il suo irriducibile desiderio di vendetta capace di qualunque cosa.
Nessuno, però, ha pienamente capito fino a dove può spingersi...

Nascita: ???
Età: ???
Altezza: ???
Provenienza: ???
Aspetto: si mostra sempre indossando una lunga e tenebrosa tunica nera, con un cappuccio che gli permette di non rivelare il suo volto.
Appartenenza: ???
Citazione: “Quel giorno sarei dovuto morire e invece il Dio Sole decise di mantenermi in vita. Solo un dio, in fin dei conti, può aver permesso, ai limiti del più grande deserto conosciuto, a un falso vagabondo, abile nelle arti militari, di salvarmi.” [XXII – Ossessione sinistra, "L'Impero di Luce"]




Ammetto che inizialmente ero titubante se iniziare anche questa specie di "rubrica" sui personaggi, ma alla fine mi sono convinto. Diciamo che d'ora in poi, forse un po' saltuariamente all'inizio, vi saranno delle brevi ma dettagliate schede, sempre parzialmente riprese dall'Appendice. Spero che vi incuriosiscano 😉.
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A presto e stay tuned 😁.

mercoledì 26 luglio 2017

"Il Sogno del Conquistatore", 2a Parte


«Procedete» strepitò una voce cavernosa dall’interno.

Le porte si aprirono. Vi entrò rapidamente, passando per un piccolo, breve e tenebroso corridoio e accedendo subito in un’ampia sala in cui vi era un grande tavolo quadrato, con una piccola sporgenza, e quattordici sedie; a destra, verso l’interno vi era un drappo dal colore rosso che recava l’immagine di un rapace incoronato e, poco sotto, di due spade incrociate; a sinistra, verso l’esterno, vi era un balcone, il cui ingresso era in quel momento coperto da pregiati tendaggi.
Il Re, Vedrec I, era seduto a capo di quella tavola, proprio dove si creava la sporgenza, unico punto in cui la forma quadrata si spezzava. Evansburg aveva ripreso molti tratti da parte del padre: il viso duro e arcigno, la capigliatura di un colore nero corvino e un corpo prestante e robusto. Suo padre stesso, però, era solito soffermarsi sui tratti che aveva ereditato da sua madre: gli occhi scuri ma profondi e densi di emozioni e turbamenti e la bocca sottile ma tagliente.

«Padre. Vostra Maestà» proruppe solennemente il Dragh, omaggiando il Re con un profondo e elegante inchino.

«Figlio. Vieni, avvicinati» esclamò Vedrec, voltandosi verso di lui per poi tornare a guardare qualcosa davanti a sé.

Si avvicino al seggio leggermente rialzato e, dato il silenzio di suo padre, si girò anche lui a osservare l’arazzo che si trovava poggiato al centro di quella tavola: era stilizzata, probabilmente solo vagamente precisa, ma la mappa del regno, dei suoi confini e dei popoli vicini era facilmente distinguibile; qua e là, in vari punti, vi erano delle grosse e rettangolari pedine in legno su cui vi erano incisi delle lettere che da quella distanza non riusciva bene a leggere.

«Onorabile Padre, qualcosa vi tur… ?»

«Da più di vent’anni cerco di assicurare le piane occidentali al nostro dominio e ancora oggi questo obiettivo continua a sembrarmi distante. Probabilmente sto diventando troppo vecchio per certe cose… Dimmi, Evansburg, come prenderesti Guldraos?»

Rimase stupefatto. Mai, nei suoi seppur brevi sedici anni di vita, lo aveva interpellato per questioni militari. Quantomeno non in quel modo, come se fosse disperato e in cerca di una soluzione che non riusciva a trovare. In ogni caso, lasciò poco spazio alla sorpresa; prese coraggio e dopo aver guardato per un certo lasso di tempo l’arazzo esclamò:«Forzando il nemico a uscire dalle mura».

«Come?» chiese il Re, incuriosito da quella affermazione.

«Dalle ultime informazioni che abbiamo acquisito, sembra che la Druvan-roufren usi Dancreas[1] per rifornire il nostro nemico di uomini e rifornimenti. Ci basterà fingere di voler assediare la città. I guldraoni, impauriti dalla possibilità che possiamo tagliarli fuori dalle loro amate vettovaglie, correranno a respingerci. A quel punto sarà necessario tenere impegnato il loro esercito, mentre le nostre forze principali assedieranno Guldraos. Se saremo fortunati e sapremo isolarli per bene dalla loro città, potremo addirittura impaurirli a tal punto da indurli a rimanere a protezione di Dancreas per un certo periodo.»

«E cosa ti fa credere che saranno tanto sciocchi da lasciare la loro adorata città senza protezione?» lo interpellò, visibilmente colpito.

«Oh, questo perché» e mentre parlava si voltò verso il padre con un ghigno sul volto «ci sarà l’odiato principe, erede dei Dragarsc a comandare il finto assedio. Appena giungerà loro tale notizia, si catapulteranno contro di noi. E quello sarà il loro ultimo e fatale errore.»

«Vorresti mettere a tal punto in pericolo la tua vita? Quel Desfur, il rampollo della Famiglia Ura, con cui nell’ultimo periodo ti intrattieni spesso, ti ha messo in testa idee ardimentose, figlio mio.»

«In realtà, la parte in cui sono io ad adescare il nemico è una mia idea. Ah, e anche l’idea di spingere una dresma[2] a razziare i villaggi nelle vicinanze del Forte di Sullvan[3] per aizzare la lega è mia.»

Evansburg ricordò a lungo lo sguardo penetrante e silenzioso che suo padre gli rivolse in quel momento. A differenza di sua madre e di lui stesso, i suoi occhi non erano espressivi e nascondevano nel loro verdeggiante colore le emozioni e i segreti che contenevano. Intuì, ma non ne fu mai certo completamente, solo più tardi cosa potesse significare, cosa vi si celasse.

«Figlio… quale determinazione brucia nei tuoi occhi? Per quale scopo?» chiese Vedrec, continuando a fissarlo.

“Quale… scopo? Il mio unico desiderio è sempre stato, prima di tutto, quello di compiacervi padre; di essere degno di voi e del retaggio che porto. La mia determinazione è semplicemente al servizio del nostro popolo e del nostro regno. Per l’onore dei Dragarsc, Dominatori di Eus[4] e di Ausghend, la mia unica ambizione è… “

Non disse nulla di tutto ciò. Rimase in silenzio. Solo dopo aver osservato per un tempo immemore la fievole luce che riusciva a filtrare tra i tendaggi, si decise a rispondere.

«Dominare ogni cosa. Non solo queste quattro città di mentecatti, ma anche il lontano Regno di Otsu, i Barbari del Nord e persino il temuto, seppur fragile, Impero di Ete. Io… io so, sento, che abbiamo la forza per imporci su tutto e tutti. Quel destino è semplicemente davanti a noi. Dobbiamo solo avere la forza e il coraggio di afferrarlo.»

«Tu… tu vorresti… ?»

Vedrec lo vide voltarsi verso di lui e guardarlo negli occhi. Vi lesse tutto. Il “mondo” che immaginava e che sognava, il futuro che, forse, avrebbe avuto. Non vi era limite in quel desiderio che, tuttavia, non era bramosia, ma semplice convinzione.

«Arriverà il giorno, mio amato e onorevole padre, in cui il nostro nome risuonerà per tutte le terre conosciute e verrà ricordato per i secoli a venire.»

Un lieve sorriso increspò il suo volto. Fino a quel momento non se n’era ancora accorto, ma suo figlio era pronto per essere regnante.
Il Sogno del Conquistatore sorse quel giorno.




Questo fu il preludio alla conquista di Ethusa. Siamo ben lontani dall'Impero e, anche se in pochi anni, molto sangue fu versato per raggiungere l'unificazione.
Il prossimo racconto riguarderà Roc Sym, la cittadina natale di Sefer, la cui fondazione e storia è più "particolare" di quanto si pensi...
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A presto e stay tuned 😁😉.




[1] È una città-stato di dimensioni ridotte situata più a nord rispetto a Guldraos.

[2] Nel Regno di Bavarie, le dresme sono i raggruppamenti più esigui e basilari. Sono formati, spesso, da al massimo una cinquantina di soldati.

[3] Antica fortezza che è a guardia dell’unico ponte sul Fiume della Nascita. Si trova agli estremi confini del regno.


[4] È la città “Soprastante la terra ma Sottostante i Cieli”. Secondo il mito è una città che un tempo si ergeva sui picchi delle Cime Tempestose e da cui discesero i Dragarsc.

lunedì 24 luglio 2017

L'ISOLA DI ZHELT

Prima della venuta di Evansburg, l’isola di Zhelt era un insieme di villaggi e piccoli borghi. Non c’era un’organizzazione più complessa all’interno dell’isola. Ciò che in realtà li univa, an-che se solo simbolicamente, era la religione: una costellazione di dei minori, governati da quattro divinità superiori... [Dall'Appendice de "L'Impero di Luce]

A sud-est delle terre continentali, l'isola di Zhelt è sempre stata parzialmente isolata dalle vicende che si susseguivano oltre la piccola striscia di mare che la separava dal continente. L'invasione di Evansburg fu l'evento che mutò completamente le vite degli isolani. Dopo il suo arrivo e la sua ritirata, gli zheltiani, divisi tra potentati di vario genere e natura, iniziarono un lungo processo di unificazione.
Fu uno sviluppo graduale che si accelerò solo quando la figura religiosa più importante dell'isola, il Sommo Sacerdote, non fu eretta a "Patrono" e "Signore" di Zhelt.
Pur essendo un simbolo essenziale, sia prima che dopo la venuta di Evansburg, il vero potere fu diviso tra i suoi ministri, i "Quattro Santi".
Il governo di Zhelt, quindi, fu ed è tuttora una Teocrazia, in particolar modo una Teocrazia Tetrarchica, la cui nascita divenne ufficiale quando Seleph divenne la Capitale del Regno. Sebbene Zhelt abbia avuto momenti e periodi di tumulto, carestia e ribellione, il controllo dei Ministri è sempre rimasto saldo.
Attualmente l'isola, però, vive un altro dei suoi periodi bui e instabili, pur rimanendo un valido alleato dell'Impero contro la minaccia dei Falsi e le insidie di Nhug. Almeno per ora...





Questa breve "anteprima" sull'Isola di Zhelt può essere un po' vaga, ma, come per l'Impero, vi saranno altri aggiornamenti che amplieranno e approfondiranno determinati temi e caratteristiche dei vari regni e popoli che vi susseguiranno.
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mercoledì 19 luglio 2017

"Il Sogno del Conquistatore", 1a Parte


23 GE[1], Palazzo reale della Capitale del Regno di Bavarie, Ausghend[2]

Il vessillo sventolava sferzato dal vento. Era una giornata solare, ma le temperature a causa della stagione invernale rimanevano rigide.

Dall’alto del suo balcone, che svettava da uno dei torrioni del palazzo reale, riusciva a vedere la vivace città: palazzi a più piani, residenze nobiliari, giardini  e oasi verdi, immense strutture dal tetto rettangolare costruite appositamente per gli esercizi commerciali, le mura, i monumenti degli antichi re e dei capostipiti rendevano quella che aveva davanti l’unica e incomparabile Capitale del Regno di Bavarie. Tante erano le storie che la circondavano, i miti, le leggende, ma lui l’aveva sempre vissuta come qualcosa di molto più presente e tangibile. I Re del passato, suoi predecessori, l’avevano costruita, innalzata fino al punto a cui era arrivata; era necessario, ora, che si compisse l’ultimo passo, quello che l’avrebbe consacrata nei secoli dei secoli.

Abbassò leggermente lo sguardo e si concentrò sulla Vurdenstag[3]: il viavai di nobili e di persone era impressionante, tale da riempire quasi completamente la piazza al cui centro vi era la statua granitica di un uomo seduto su un trono in direzione della città, con di fronte un altare; anche il numero dei soldati non era esiguo e, a causa dei mantelli bianchi come il latte, erano facilmente visibili e individuabili. Sorrise lievemente al pensiero di Undrad, il Poldron della Guardia Reale, dare ordini a destra e a sinistra, senza un attimo di pace. Quell’uomo era instancabile, ma quel difetto era da molti riconosciuto come una delle tante qualità che gli avevano permesso di raggiungere il grado più ambito di tutto il regno.


“Sono anni che monta la guardia sulla Vurdenstag; eppure sembra che non voglia capire che la piazza fa da collegamento a quasi tutte le vie principali della capitale… Morirà giovane se continua ad affaticarsi in quel modo.”


La sua attenzione si spostò nuovamente, posandosi su uno dei tanti cortili all’interno della cinta muraria che proteggeva la corte. Gli alberi spogli, i prati verdeggianti, i millibus verdi e resistenti anche durante il rigido inverno, le stradine pavimentate, avevano accompagnato anni della sua ancora breve vita. Provava un immancabile senso di nostalgia a quella vista; il suo rector[4] era morto da due anni, tuttavia continuava a sentire una certa malinconia al suo pensiero, ai suoi insegnamenti sugli uomini e gli dei.

Evansburg si voltò, sospirando. Avrebbe onorato la sua memoria. Un giorno, presto, gli avrebbe dimostrato come quel sogno fosse realizzabile. Si avvicinò a un tavolino e si sedette, prendendo la piuma e concentrandosi per finire di scrivere la lettera alla sua veneranda e rispettabilissima zia. Al lato opposto di dove si era seduto, dietro due vasetti d’argilla, vi erano innumerevoli stracci di pergamene. Odiava fingere. Complimentarsi con chi semplicemente non aveva mai portato alcun giovamento al regno era quanto di più detestabile gli si potesse chiedere. Suo zio e sua zia continuavano a vivere come parassiti sulle spalle della loro famiglia e lui non riusciva a comprendere perché il suo onorabile padre permettesse un simile comportamento. Chi non si adoperava per il bene del regno era solo un peso. Ridicoli insetti da emarginare e schiacciare. Eppure… eppure suo padre chiudeva gli occhi. Forse la vecchiaia lo stava…


“No! Non posso pensare una cosa del genere.”


Non poteva e non voleva. D’altronde suo padre aveva condotto il regno verso una svolta epocale: da decenni un periodo stagnante e decadente aveva colpito Bavarie ed era sembrato che il tracollo fosse irreversibile. Fino al giorno in cui suo padre non aveva deciso di porre fine a quella situazione. La conquista di Darser[5]  non era che il simbolo, l’estremo emblema della trasformazione e del rinnovamento che tutto il regno continuava a respirare. Non riusciva nemmeno a concepire che suo padre stesse “risparmiando” suo fratello.

Un rumore alla porta lo fece tornare alla realtà. Attese che la voce si presentasse.


«Dragh[6], sono Ludgur. Mi è permesso entrare?» esclamò una voce profonda e potente.


«Entra.»


Le porte delle sue stanze si aprirono e un uomo dai capelli grigiastri, dalla folta barba e dall’aspetto attempato si presentò, muovendosi rapidamente e inginocchiandosi. Indossava un’armatura pesante e una spada dalle notevoli dimensioni al fianco destro.


«Dragh, Sua Maestà vi attende al Ruddegar[7]


«Ti ringrazio per essere venuto personalmente ad avvertirmi, Ludgur l’Embercar[8]» gli rispose, alzandosi e avvicinandosi a lui.


«Era da tempo che non eravate così formale, Giovane Re[9]. Siete nervoso?» ribatté l’anziano guerriero, sempre a capo chino e inginocchiato.


“… mi conosci davvero troppo bene, Gigne[10] Ludgur.”


«No. Semplice stanchezza. Presenziare al banchetto di ieri è stato fin troppo noio… » gli spiegò, venendo interrotto, tuttavia, da un borbottio forte e imperioso da parte di Ludgur.


«È meglio che vada. Non faccia attendere Sua Maestà.»


Evansburg sorrise, divertito, poi sussurrò nuovamente un ringraziamento a quel vecchio e fedelissimo suddito e uscì dalle sue stanze, sorvegliate da due guardie.

Mentre camminava tra gli austeri, ma poderosi, androni della reggia, lanciando qualche occhiata distratta alle sculture, all’esterno attraverso lunghe vetrate e a drappi di vario genere, colore e fattura, ponderò su quanto, ultimamente, la sicurezza in città e al palazzo fosse stata aumentata. Trovava sciocco e inutile preoccuparsi dei vaneggiamenti di un folle. Quell’idiota, l’Idiocrate[11] di Guldraos, da più di tre anni aveva cominciato, inspiegabilmente, a bofonchiare di come, presto o tardi, avrebbe fatto in modo di ammazzare tutti i rami dei Dragarsc[12]. Naturalmente, almeno secondo la sua opinione, non vi era nulla di cui preoccuparsi. Gli sciocchi spesso parlavano aprendo la bocca e proferendo le più assurde asserzioni; suo padre, tuttavia, non era stato dello stesso avviso. Guldraos era, da diverso tempo, diventata una spina nel fianco, che aveva giovato dei ripetuti e fallimentari assedi che avevano tentato. Le mura della città li avevano sempre respinti e il supporto, indiretto e sotto banco, della Druvan-roufren[13], formalmente neutrale nei confronti dei bavarieni, aveva permesso all’insulsa città di riprendersi e, persino, di potenziare il proprio esercito.


“Arriverà il giorno in cui le chiacchiere non lo salveranno più.”


Da anni suo padre stava tentando di allentare l’informale accordo che univa la lega a Guldraos, ma qualunque tentativo sembrava fallire. Forse avevano esagerato e avevano impaurito fin troppo i loro “vicini”. Non sarebbe stato facile uscire da quella situazione.


“In ogni caso, è eccessiva e spropositata la dimensione che ha raggiunto la guarnigione. Non dovremmo mostrarci così ingenui e timorosi da credere alle parole di un qualunque idiota.”


Svoltando all’ennesimo angolo, alzò lo sguardo e si trovò davanti alla ripida scalinata che conduceva al Ruddegar. Piccole colonnine adornavano i lati della gradinata e una folta guardia armata lo attendeva nei pressi delle modeste porte di quella famosa sala. Quando vi si parò davanti, quello che doveva essere il capo di quel manipolo di uomini, si inginocchiò e si rialzò senza proferir parola, per poi, infine, avvisare del suo arrivo con tre colpi di uno dei battenti.


«Il Dragh Evansburg è qui.»

[...]


E così si conclude la prima parte di questo racconto. L'episodio che viene mostrato, in realtà, rappresenta non tanto l'inizio di una nuova era, ma più semplicemente una dichiarazione di intenti.
Per quanto molti dei riferimenti geografici possano essere un po' nebulosi, prima o poi cercherò di creare una cartina del periodo pre-imperiale, ma per adesso considerateli come sfuggevoli riferimenti.
Spero di avervi incuriosito; la prossima settimana inserirò la seconda parte, quindi, abbiate solo un po' di pazienza.
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[1] Graal Evansburg, “Prima di Evansburg”.

[2] “Patrona”.

[3] È un termine che nella lingua imperiale è scomparso; indica la piazza principale di una città.

[4] “Precettore”.

[5] Antica Città-Stato, situata vicino le Cime Tempestose. 

[6] “Principe”. In ambito religioso può anche significare “Disceso” e tale termine viene spesso accompagnato dalla formula: Dragh dru Vaurt, “Disceso dal Cielo”.

[7] “Sala degli Illustri”. Il termine è spesso usato per indicare o per riferirsi a personalità d’alto rango, ovvero i pochi che possono accedere e presenziare in tale sala.

[8] “Il Memorabile”.

[9] In quel periodo, a corte e in vari ambienti aristocratici, Evansburg veniva insignito di questo soprannome.

[10] “Vecchietto”. È un termine che Evansburg storpia leggermente in senso affettuoso.

[11] È l’autorità più importante di una città-stato situata tra le future Tern e Militem. Evansburg storpia il termine, dato che la lingua è in parte differente, che sarebbe Ediocratos.

[12] “Aquila”. Il termine, in realtà si rifà, più precisamente, a un rapace che vive sulle Cime Tempestose, la Vellmstrat.


[13] “Lega delle Cinque Città”.